Socialità e integrazione
Fino a pochi anni fa ci si riferiva alle persone con sindrome di Down chiamandole mongoloidi e l’idea più diffusa era quella di uomini o donne ritardati mentalmente, che sarebbero state per sempre dipendenti dai loro genitori.
Oggi è possibile incontrare ragazzi con sindrome di Down nelle scuole e nei parchi, giovani e adulti con sindrome di Down che si muovono da soli fuori casa per incontrare i loro amici e in alcuni casi perfino sul posto di lavoro.
Qualcosa sta cambiando.
Sembra scontato ma se non si ha un problema legato all’Handicap non si può capire. Quando ti nasce un bambino Down vieni gettato in un mondo completamente nuovo, il primo impatto con questa realtà è molto negativo, ti porta a riflettere sulle ingiustizie della vita, sul perché sia capitato a lui e poi ovviamente perché proprio a tè. Nelle prime ore di vita il piccolo diventa il centro di interesse del reparto ospedaliero, intorno a te trovi persone che ti guardano con compassione e tu sei sempre più frastornato, non ti rendi conto pienamente di quello che sta’ succedendo, le informazioni che ti danno i medici sono sempre rassicuranti, sarà un bambino affettuosissimo, dolcissimo, “si, avrà dei problemi ma non si preoccupi, la vita è molto migliorata per loro in questi ultimi decenni”. Cominci a cercare notizie e quelle che si trovano abitualmente sulla sindrome non ti rassicurano di certo, molte volte si consultano vecchi testi dove si descrive tuo figlio come un ritardato mentale, un “mongolo” con un futuro incerto per via delle malattie a cui geneticamente è portato…. non ti danno molte speranze. Per fortuna la notizia del nuovo arrivato circola e spesso arriva anche a chi può aiutarti, così vieni contattato molto discretamente da qualcuno che ti assicura che non sei solo, che esistono migliaia di famiglie che tutti i giorni convivono con la sindrome e si fanno in quattro per aiutare i propri figli. Il primo ausilio per un Down è, di fatto, la sua famiglia, i genitori, i fratelli i nonni e quanti gli ruotano intorno, sono coloro che maggiormente si affannano per aiutarlo, ma questa energia deve essere finalizzata ad un progetto ed è per questo che ti serve un gruppo di professionisti che si occupino di lui e lo seguano nella sua crescita dandoti il supporto necessario. Le strutture assistenziali presenti sul territorio pur avendo le competenze specifiche devono dedicarsi ad ogni tipologia di Handicap e non riescono per la mole di lavoro che hanno ad essere così immediate ed incisive. Il Centro non vuole sostituirsi a realtà già esistenti, ma collaborare creando reti tra servizi e trovare quelle sinergie necessarie per ottenere i risultati migliori. Il CBD Centro Bresciano Down quindi si fa voce per ricercare insieme ad altri, soluzioni concrete, professionali, anche creative, in modo da offrire percorsi di crescita costruttivi ai ragazzi/e portatori della Sindrome di Down coinvolgendo così anche agli adulti che vivono vicino a loro.
Oggi se vi guardate in giro di ragazzi/e un pò goffi, dal viso orientale e dalla simpatia contagiosa, ne trovate parecchi. E’ strano perché ne nascono sempre meno. No, non è come pensate, il motivo per il quale sono più rare queste nascite è che si sono affinate le tecniche di analisi prenatale, e quando un genitore sa che il proprio figlio non è come lo voleva, beh, a volte ci pensa e non lo fa nascere. Non si giudica, nessuno può farlo. Noi quando guardiamo i nostri figli, siamo convinti che forse non sarebbero stati contenti di non esserci. I nostri ragazzi hanno tanti problemi, ma se trovano l’ambiente giusto li affrontano con successo. Ci sono adulti che lavorano, abitano con altre persone, hanno amici e storie d’amore. Vivono come noi.
Sembra semplice? Non è cosi. Per arrivare a parlare, fare di conto, usare i soldi e l’autobus, rifarsi il letto o prepararsi la colazione, hanno fatto generalmente fatica. Si perché i nostri ragazzi non sono tutti uguali. Ognuno è unico e ha caratteristiche e abilità proprie. È compito in primo luogo dei genitori aiutarlo a potenziare queste abilità, certamente con il sostegno di terapeuti ed educatori. Quindi un genitore di ragazzo Down sa che per farlo crescere bene, deve impegnarsi ogni giorno. D’altra parte è quello che dovrebbe fare anche con figli senza difficolta, ma per i nostri l’impegno è diverso è più tecnico. Quello gli altri fanno naturalmente per loro è frutto di insegnamenti, spesso di terapie, sempre di insistenti prove, ma la soddisfazione quando raggiungono un piccolo o grande risultato è enorme. Ricapitolando, possono vivere normalmente, ma questo risultato non è scontato e richiede sforzi da parte loro ma anche da chi gli sta vicino e gli vuole bene. Vale la pena provarci, una nuova generazione li sta accompagnando nella loro crescita. I compagni di asilo e di scuola, li conoscono e grazie alla loro presenza hanno sviluppato delle sensibilità che prima erano sottovalutate. Il rispetto, la tolleranza, la vicinanza a chi è in difficoltà, fanno parte del loro vissuto e li aiuteranno quando saranno i dirigenti della nostra Italia. Un mondo migliore e più umano ci aspetta……….noi lo speriamo.
Uno dei pensieri ricorrenti di un genitore di ragazzi disabili e: “chi si occuperà di mio figlio quando io non ci sarò più”. Non è banale, significa progettare un futuro non scontato, che dipende da mille variabili incontrollabili. Anche in questo caso non c’è una strada definita per tutti, molto dipende da come è il ragazzo, dalla sensibilità dei suoi famigliari, spesso anche dalla possibilità finanziaria che possiedono. La nostra speranza è che chi sta loro intorno continui il nostro lavoro, standogli vicino, sia che esso lavori e abiti in case protette, o che sia in qualche istituto. Hanno cosi tanto da dare al mondo che sarebbe un peccato relegarli in un angolo in attesa della morte.
Non è questo il nostro obiettivo. Noi insieme a chi ci sta, lottiamo e lotteremo per loro.
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